Walter Veltroni, la quintessenza poetica del calcio nella fantasia dei numeri 10
La maglietta numero 10 è la più iconica del calcio, la quintessenza del pallone come poesia e modo di raccontare la storia di uno sport unico. Ai “Numeri 10”, titolo del libro pubblicato da Solferino e presentato questa mattina in Piazza Duomo al Festival dello Sport, Walter Veltroni ha dedicato pagine in cui si vuole recuperare proprio la dimensione poetica del calcio. Veltroni, intervistato dal giornalista della Gazzetta Mimmo Cugini, si è subito dichiarato come un uomo del Novecento sottolineando come i numeri dieci appartengano più a quella stagione che a quella attuale dove ci sono i numeri 99, 112 e 46 e tutto è personalizzato. Anche questo cambiamento parla dello spirito del tempo: il giocatore sceglie il numero e il nome sulla maglietta mentre allora era il ruolo che faceva il numero. In questa differenza apparentemente formale per Veltroni c’è la trasformazione del calcio in un’industria che però è basata sulle emozioni e se si perdono l’emozione, la poesia, l’identità, la fantasia, il talento che hanno segnato il calcio dei leggendari numeri 10 raccontati attraverso una serie di interviste.

13 ottobre 2024
Walter Veltroni, tifoso juventino doc, ha spiegato come: “Passare 100 minuti in attesa di un goal diventerà più difficile perché le partite rischiano di assomigliarsi un po’ tutte e di assomigliare a quelle della playstation. Il numero dieci era il numero della fantasia. Come racconta Platini nel libro il numero dieci poteva essere europeo e allora era un pensatore o sudamericano che era più un nove e mezzo che stava a metà tra l’ispirare il gioco e concluderlo”. Per Veltroni, che ha affidato la prefazione del volume a Thiago Motta attuale allenatore della Juventus, il numero 10 è l’anima del calcio come poesia anche se questo ruolo sta sparendo come sparì il libero. “Nel mio libro ci sono anche dei numeri dieci per caso come Antonello Cuccureddu ma quando mettevi quella maglietta, pesava anche perché lo sguardo dello spettatore era rivolto su di te perché se funzionava il dieci funzionava la squadra”.
Al 10 veniva chiesto un po’ meno di sacrificarsi ma c’era qualcosa di equo in questo perché era l’intellettuale della compagnia a cui veniva richiesto meno di portare giù i mobili dal quarto piano, perché risolveva lui con un goal o con un lancio mettendo la palla sui piedi del centravanti. Alcuni attaccanti hanno vissuto in simbiosi coi numeri dieci come Beccalossi-Altobelli o Platini-Rossi. I numeri 10 erano la luce e per questo molti tentavano di spegnerli, come il fallo di Tardelli su Rivera anche se lui dice che Rivera poi avesse esagerato, in ogni caso i numeri 10 hanno preso più calci di tutti gli altri. Nessun numero 10 è stato perfetto, tutti hanno fatto errori. Baggio è stato un caso particolare perché flagellato dalla sfortuna, ha sofferto fin dai tempi del Vicenza. Ha vissuto la sua carriera di giocatore geniale con questa sofferenza. Per molti Arrigo Sacchi con il suo calcio rivoluzionario è stato uno dei primi nemici dei numeri dieci ma per l’ex sindaco di Roma: “Campioni del Milano come Gullit o Savicevic non erano tanto diversi da un numero dieci classico perché i numeri 10 sono come delle farfalle, è difficile imprigionarle, se hanno dentro di sé quel talento, quell’intelligenza applicata al gioco del calcio, prima o poi si manifesta al di là di ogni tattica” .
Nel calcio di oggi per Veltroni: “Platini, come altri numeri dieci, farebbero fatica perché era uno che non tornava facilmente indietro, aveva Bonini che lo faceva per lui, i suoi polmoni erano Bonini, così come Rivera aveva Lodetti e Suarez aveva Bedin, erano come Don Chisciotte e Sancio Panza, delle coppie picaresche in cui uno faticava e l’altro accendeva la luce”. Veltroni ha raccontato di essersi innamorato del calcio grazie a due fuoriclasse della Juve come Sivori e Charles. Fra le citazioni di Baggio, Totti e Del Piero accanto a quelle di Maradona, Pelè e Capello senza dimenticare la nazionale di Lippi del 2006 Veltroni ha osservato come: “Quasi tutti i grandi calciatori hanno cominciato faticando negli oratori o per strada. Nessuno è un prodotto delle scuole calcio col prato verde e le docce calde. E’ tutta gente che ha arato campi fatti di polvere. C’è fatica, non troverai mai un grande giocatore che non sia passato da un percorso di fatica. E’ questo che li rende molto più forti perché il talento si alimenta in questo modo”. In chiusura, messo alle strette dal giornalista della rosea, Veltroni ha scelto Baggio come numero dieci che ha amato di più e Platini come il numero 10 che vorrebbe rivedere oggi in campo.